Come ogni mattina, accompagno la mia bambina a scuola, è autunno e ci
divertiamo a sentire il rumore delle foglie secche sotto i nostri
piedi.
Ci sono alberi giganti intorno alla scuola e lo sguardo di Giorgia si perde tra i rami che accarezzano il cielo.
Mi
dico, che fortuna che ci sia questo enorme giardino con i giochi, così i
bambini possono rilassarsi, anche semplicemente guardando fuori la
finestra, nei giorni freddi.
Ogni bambino ha il diritto di toccare
la natura, di annusarla, ha il diritto di avere uno spazio esterno per
correre e respirare aria di sole.
Questo è uno dei motivi che mi
porta a sorvolare sul sovraffollamento delle piccole classi: 27/30
bambini per classe di tutte le età (dai 3 ai 5 anni).
Non importa,
mi dico, nostra figlia ha l’attenzione di noi genitori che veniamo
incontro alla scuola, dove non arrivano le insegnanti, ci siamo noi a
sostenerla.
Amiamo tanto la nostra piccola scuola di piazza
Partigiani, orgogliosa Giorgia si ferma davanti al cancello, anche di
domenica per mostrarla alla nonna, dice: lo vedi quell’albero, si chiama
quercia, lì c’è la mia classe e quest’anno abbiamo raccolto con la
maestra, le foglie gialle.
Se la gente conoscesse la consapevolezza dei bambini, avrebbe più rispetto per i loro spazi.
Invece,
no… Una mattina, davanti al cancello, ci siamo ritrovati un manifesto
con un articolo ritagliato dal quotidiano, c’era scritto: ADDIO ALLA
MATERNA DI PIAZZA PARTIGIANI, la maggioranza di centro destra del
palazzo Carafa, ha deciso: La celebre scuola materna di Piazza
Partigiani non sarà più luogo di riferimento per i bambini del
quartiere. Il consiglio comunale di martedì scorso ha infatti previsto
la sua cancellazione e la vendita a privati del lotto (circa 5mila metri
quadrati di terreno) al fine di realizzare edilizia residenziale.
Secondo gli stessi, ci sarebbe troppo spazio sprecato…
Atterrita
dalla notizia, ancora adesso non riesco a capacitarmi del fatto che
l’essere umano consideri un giardino, lo spazio per i bambini, un luogo
sprecato.
Mi chiedo, di quale civiltà parliamo, è possibile
definirci civili se sorvoliamo i diritti imprescindibili dei nostri
figli, di poter vivere ancora luoghi naturali, riconoscere gli alberi,
calpestare le foglie, avere lo spazio per correre e sentirsi liberi…