martedì 17 maggio 2011
Il cavallo d'Isaia
di Paola Bisconti
La straordinaria bellezza artistica dell'opera collocata
all'ingresso di Cavallino, zona campo Bisanti, appare come un inno all'arte.
L'immagine del cavallo rampante è un acuta intuizione del giovane artista Isaia
Zilli il quale nella maestosità della statua – alta sette metri e pesante circa
due tonnellate – si è ispirato alle prime immagini realizzate dall'antica
popolazione messapica. Non a caso sulla base marmorea, dove poggiano le zampe
del puledro, vi è un passo dell'Eneide dal quale emerge la passione dei
messapi, abili domatori di cavalli.
La visione della statua rimanda a pensieri di libertà, a
battaglie vinte, alla natura che esplode nell'alchimia tra flora e fauna. Si
sogna, quindi, osservando l'opera ma il giovane autore ha i piedi ben saldi alla
realtà. Ed è tale connubio tra creatività e professionalità, intraprendenza e
responsabilità che rendono Isaia un artista su generis. Di certo ha
compreso pienamente l'insegnamento del padre, Ferruccio, anch'egli noto nel
settore, il quale da uomo saggio qual'è ci ricorda che la vita non è fatta da
grandi progetti ma da piccole intuizioni. Sono state proprio queste ultime a
consentirgli di raggiungere importanti traguardi. I riconoscimenti e gli
apprezzamenti ricevuti anche fuori dai confini europei sono senza dubbio motivo
di orgoglio.
Durante una piacevole chiacchierata Isaia ci parla della sua
arte figurativa e dell'intenzione di rispettare i canoni arcaici per la
realizzazione dell'opera composta da un'intelaiatura esagonale a sua volta
rivestita da piccoli pezzi assemblati fra loro, una tecnica simile alla
cartapesta. Dal lavoro certosino è nata una scultura la quale arricchisce di
pregio Cavallino già conosciuta perchè sede del Museo Diffuso nonché dell'area
archeologica.
Cosi dai messapi si è giunti ai borboni e altre ancora
dinastie ha visto susseguire Cavallino attuando radicali cambiamenti fino a
vivere l'era “gorgoniana”. Un periodo che ha regalato al paese la dicitura città
d'arte. I meriti però è giusto darli a coloro i quali hanno permesso il miglioramento
ossia a chi ha fatto della cultura e con sé l'arte una propria ragione di vita.
Isaia Zilli ne è l'esempio.
Uno dei momenti durante l'istallazione dell'opera |
Isaia Zilli |
Antonio Miglietta, l'amico scultore dal cuore di pane
di Milena Galeoto
Lecce, una piccola città del sud Italia, color crema, con il suo centro storico che profuma d’incenso e pietra. Dai balconi e terrazzi in fiore, i puttini barocchi fanno capolino con i loro riccioli scolpiti e le chiese, tante chiese, postazioni di silenzio e contemplazione durante le passeggiate insieme a Martin Widmark. Si conoscono tutti nel piccolo centro e ci si ritrova al bar per un caffè veloce. «Sei straniero e lo capisci dal modo in cui ti sorride la gente come volesse accudirti, orgogliosa di tutte le meraviglie da offrire per sorprenderti» dice Martin che in questo viaggio ha conosciuto Antonio, un gigante buono che ti prende la mano tra le sue enormi mani per accoglierti. «Di passaggio dalla sua bottega» dice lo scrittore svedese «un déjà vu, come andare a ritroso nel tempo a rivivere quei luoghi dove gli artisti italiani hanno reso il loro paese un patrimonio d’inestimabile valore. E’ l’umiltà di questo grande artista ad avermi impressionato» continua «capivo di essere di fronte ad un vero talento. Mi ha parlato di lui, delle sue intuizioni, studi e passioni per plasmare la materia con la luce negli occhi, la stessa di chi è innamorato. Generoso a svelarmi i segreti della sua arte e, a tratti, timoroso di apparire immodesto; capivo, capivo ogni cosa nonostante il mio italiano perché bastava osservare le espressioni benevole del suo viso e le sue mani a ripercorrere ogni forma scolpita».
Tanti i volti, le forme, nel mondo di Antonio Miglietta, impresse anche come fossili, gli stessi incisi nella mente e riprodotti nella materia. L’amore per sua nonna e il suo grande ventre ritratto come un’enorme forma di pane circolare, lasciato essiccare sul soffitto.
La
sua bottega, sostiene Martin: «è un luogo senza tempo, come
appartenesse ad un vissuto onirico dal quale ti risvegli sorpreso dai
viaggi che puoi ripercorrere con la mente. Antonio Miglietta è oggi, per
me, l’artista italiano al pari di Michelangelo, del Bernini e sono
onorato di essergli amico».
E’
lo stesso autore svedese ad avermi chiesto la possibilità di
immortalare e pubblicare questo meraviglioso incontro, sostenendo:
«questo mio contributo è solo un piccolo gesto di riconoscenza per tutta
la bellezza che Antonio mi ha donato».Chiesa di San Matteo, Lecce |
Bottega di Antonio Miglietta |
Antonio Miglietta |
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Gli strumenti dello scultore |
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