Foto/Milena Galeoto |
Da SPAGINE
di Milena Galeoto
E’ domenica pomeriggio a Montréal
quando decido di attraversare Rue Saint-Laurent, l’arteria principale della
città, denominata la strada di mezzo, la spina dorsale del paese, lunga 42 km,
quanto il perimetro dell’isola. E’ su questa strada che si alternano i diversi
quartieri, incluso Little Italy.
C’è la fiera sul corso. D’estate
ogni quartiere, apre le porte di case e negozi che si estendono fin sopra i
marciapiedi con bancarelle dove espongono tutta la merce in saldo. E anche gli
abitanti montano delle tavole, sulle quali vendono manufatti artigianali del
loro paese d’origine, cianfrusaglie vintage dei loro appartamenti. I
protagonisti, naturalmente, sono giovani e bambini.
Ti accorgi di quanto sia giovane
questo paese, per la miriade di ventenni che si ritrovano nelle piazze, durante
queste giornate, improvvisando una festa col dj di turno, esponendo magliette
con le stampe più bizzarre, angoli bar fai da te, e tra loro c’è perfino chi
allestisce un angolo da barbiere, specie se Jamaicano perché loro sono
considerarti i migliori a tagliare i capelli.
Si respira arte per le strade e i
murales sono vere e proprie opere urbane, finanziate dal comune che offre agli
artisti di strada delle sofisticate impalcature. Montréal è considerata la
capitale degli artisti, vengono da ogni parte del Québec, dell’America, e anche
dalla vecchia Europa per mescolarsi insieme in tanti stili, per celebrare
insieme la “libertà d’espressione”.
Mentre passeggio lungo
Saint-Laurent, incrocio i diversi paesi latini che si susseguono sulla strada.
Cammino, percorro chilometri senza
accorgermene perché ogni angolo mi sorprende piacevolmente, la domenica basta
equipaggiarsi bene, procurarsi un vecchio container e realizzi un negozio,
t’incontri con amici musicisti e improvvisi un’orchestra.
Mi porto verso la montagna,
attraversando vicoli stretti, le zone più suggestive del quartiere Plateau de
Mont-Royal. Dalle case addossate esce odore di cucinato, a ogni ora del giorno.
Ho presto imparato qui, che mangi quando hai fame perché quando si convive con
tante etnie ti adegui ai ritmi dell’essere umano, fuori dalle abitudini della
tua cultura. Mi sorpassa veloce un bambino sul monopattino, sicuramente questa
è la sua Ruelle per come sembra sicuro della strada che percorre da solo.
Incontro una donna, un’anziana di colore e le chiedo se può prendermi una foto
perché ho voglia di fissare la mia immagine in questa dimensione dove ritrovo
me stessa. Mi dice che se proseguo verso la montagna, sentirò i tam-tams, sì,
perché ogni domenica la gente si ritrova sulla montagna, in una sorta di
rituale collettivo di liberazione e benessere. Molti si caricano sulla spalla
un jambei, delle bacchette, e c’è perfino chi si arrangia con coperchi e
pentole, e insieme si batte allo stesso ritmo una musica tribale.
Un rituale che si ripete dalla fine
degli anni ’60 inaugurato dalla generazione hippie. Salgo verso la montagna e
ai piedi di un’enorme statua della libertà e indipendenza, si apre ai miei
occhi uno scenario incredibile: migliaia di persone costellare l’enorme monte,
distese sul prato, in vortici di danza, a battere il ritmo che celebra la vita.
Grandi, bambini, anziani, bianchi, neri, di ogni razza e genere che hanno in
comune un’espressione di beatitudine.
Mi fermo ancora davanti a questo
scenario ma è impossibile stare a guardare senza lasciarmi prendere dal ritmo.
Ho voglia di celebrare la vita anch’io, di purificarmi da tutte le inutili
mortificazioni vissute nel mio mondo, ho voglia di liberarmi per rinascere a Montréal,
libera da pregiudizi, da inutili pensieri, e sento che il mio cuore torna a
battere forte a ritmo del tam-tam. Saluto la gente che ho conosciuto, tanta,
saluto Steve, musicista Jazz. Rodrigo, muratore appassionato batterista.
Lorena, impiegata delle poste che la domenica a piedi nudi balla finché non
tramonta il sole. Il sole è basso e illumina i grattacieli di Down Town, scendo
dalla montagna e decido di cenare all’americana, prendo un hamburger, patatine
e un tè freddo della casa. Torno a casa con tante immagini e suoni nella mia
mente, e capisco che a Montréal, anche se hai le scarpe bucate, ti senti la
persona più ricca del mondo perché sei un uomo libero.
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