Dipinto di Valentina Dominici |
Il
libro. Un oggetto spesso ritenuto superfluo, non essenziale. Pagine inutili,
che potrebbero solamente farci perdere tempo; e mentre cresce il numero dei
negozi di abbigliamento, le librerie diventano sempre più rare. Per non parlare
delle biblioteche, a volte trascurate dagli stessi enti che dovrebbero
garantirne un buon funzionamento: sostituite da Internet, esse custodiscono un
patrimonio sconosciuto alle nuove generazioni, che stanno perdendo il gusto,
semplice ed unico allo stesso tempo, di sfogliare un libro.Eppure «la cultura è
un’avventura personale» poiché «incomincia proprio quando la pubblica
istruzione finisce » (G. Prezzolini). Se solo pensassimo che ogni pagina
scritta è un frammento di vita, ci renderemmo conto del grande valore di un
libro: qualcuno ci dona la parte più preziosa di se stesso, dal momento che chi
scrive, se lo fa con passione, esprime la propria anima. Persino un «sommario
può essere un’opera d’arte» poiché «la storia è un sommario di eventi, la
lirica è un sommario di sentimenti» (G. Prezzolini).I giovani, oggidì,
rifiutano l’idea di trascorrere parte della loro vita a studiare per, poi,
ritrovarsi a fare i bibliotecari… come se lavorare in una biblioteca non
necessitasse di una cultura approfondita! Eppure il bibliotecario potrebbe
essere paragonato al medico, poiché suo compito è fornire gli strumenti
necessari affinché un individuo possa curare la propria interiorità.La prima
biblioteca, fondata, secondo la tradizione, nel XV secolo a. C. a Tebe, recava
sulla porta la scritta «Qui è la medicina dell’anima».La storia ha conosciuto
bibliotecari eruditi, a cominciare dal poeta greco Callimaco, che introdusse
nella grande biblioteca di Alessandria, costruita in epoca ellenistica, le pìnakes
(«tavole»), il più antico catalogo sistematico conosciuto. Lo stesso
statunitense Melvil Dewey, ideatore del sistema di classificazione più usato
nelle biblioteche di tutto il mondo (la CCD, Classificazione decimale Dewey)
era un bibliotecario dotato di immenso sapere.« La partecipazione costruttiva e
lo sviluppo della democrazia dipendono da un’istruzione soddisfacente, così
come da un accesso libero e senza limitazioni alla conoscenza, al pensiero,
alla cultura e all’informazione » e « la biblioteca pubblica costituisce una
condizione essenziale per l’apprendimento permanente, l’indipendenza nelle
decisioni, lo sviluppo culturale dell’individuo e dei gruppi sociali » recita
il manifesto UNESCO sulle biblioteche pubbliche, approvato nel novembre del 1994.
Tra i compiti riconosciuti a queste pubbliche istituzioni (pubbliche non perché
statali, ma perché aperte all’uso pubblico) c’è quello di incoraggiare il
dialogo interculturale, poiché è dal confronto che proviene la ricchezza
interiore. Grandi sono, allora, le responsabilità di un bibliotecario,
intermediario tra gli utenti, che, come afferma Alfredo Serrai, «hanno tutti il
diritto di coltivarsi e di progredire intellettualmente», e le risorse messe a
loro disposizione.Ogni opera, tramite il suo contenuto, mette l’uomo in
contatto con l’eternità, poiché racchiude in sé un passato, in cui è stata
composta, un presente, in cui viene letta, ed un futuro, in cui verrà
trasmessa.Le biblioteche, mute eredi di una memoria storica, racchiudono la
fatica di chi, un tempo, quando ancora la stampa non esisteva, considerava
quello dell’amanuense un lavoro sacro, poiché sacra era ritenuta la possibilità
di trasmettere ai posteri la propria impronta nel mondo attraverso la
scrittura. Un lavoro appassionante, allora, quello del bibliotecario, se
riflettiamo sui suoi compiti principali e sul suo ruolo nell’educazione di un
uomo.Molti, forse, ancora non sanno che esiste un “Codice deontologico del
bibliotecario” a cui hanno l’obbligo di conformarsi i membri dell’AIB (Associazione
italiana biblioteche): tra i doveri da rispettare c’è quello di «onorare la
professione, con profonda consapevolezza della sua utilità sociale».E allora
perché la professione di bibliotecario non viene nemmeno presa in
considerazione dai giovani laureati?Ricordiamo che «se vogliamo conoscere il
senso dell’esistenza, dobbiamo aprire un libro: là, in fondo, nell’angolo più
oscuro del capitolo, c’è una frase scritta apposta per noi » (P. Citati).
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