E
 adesso ti racconto la storia che questa è proprio bella e così tu la 
scrivi”… e si può non scrivere la storia delle fanfullicchie? L'hai 
attesa un anno intero e te la regala Franco, quando meno te l'aspettavi 
ed ancora, ancora, ancora, ti ha preso emozione profonda; è voce d'uomo 
che ti regala silenzi d'una vita; come farai, tu pensi, a ricambiare 
questo dono? Ecco, tu pensi, ti comprerai decine e decine e decine di 
fanfullicchie e le porterai alle ombre dei tuoi cari, profumo di 
dolcezza tra profumo di fiori. Ed ora riprendiamo dall'inizio. Franco 
Castelluzzo, ma sì, Franco dei gelati e delle fanfullicchie t'ha 
regalato storia di bottega… lo hai conosciuto sotto un improvviso 
acquazzone agostano e c'erano luminarie per santo Oronzo e c'era anche 
la banda; ti sei voltato e li hai visti, i gelatai da generazioni; 
Franco e la sua bottega ambulante su un lato della piazza sant'Oronzo, 
Uccio e la sua bottega ambulante sull'altro lato della piazza, ad un 
passo dal Sedile. Ed era naturale che ti venisse voglia d'un gelato, un 
cono fresco a un euro. E sai come te l'ha offerto Uccio il cono fresco a
 un euro? T'ha offerto il gelato arcobaleno, che porta bene, che sa di 
pistacchio, fragola, cioccolato, tiramisù, vaniglia e non altro, altro 
di che, ma certo anche di sole e d'estate e d'allegria “e ci ole cu bia,
 ma ddare li sordi de lunetia” e tu non sai perché i soldi per l'acqua 
fresca bisogna darli di lunedì, come urla, cantando, Uccio e il cono 
gelato lo paghi subito… Così, tanto per sorridere, ti dice Uccio e ti 
racconta che è na vita che offre gelati e sorrisi, da quando aveva i 
pantaloncini corti e dopo che l'arte l'aveva imparata da Salvatore 
Castelluzzo, il vero gelataio ambulante di Lecce e sono passati decenni.
 Salvatore, suocero di Uccio, papà di Franco è stato il creatore dei 
gelati e l'inventore delle fanfullicchie… una storia fresca d'amore, 
come al solito e di fantasia… e la storia s'era fermata quel giorno 
d'agosto, per quel temporale caduto sul tuo gelato arcobaleno; avevi 
pensato che sulla terra succede il contrario di quello che accade nel 
cielo ed eri corso via dietro i palloni dei cinesi, allegria di bimbo e 
rideva pure sant'Oronzo. E poi hai ritrovato Franco. Ci vuole davvero 
fantasia a crescere sedici figli, tanti quanti il cielo continuava a 
regalarne, anno dopo anno, a papà Salvatore e mamma Margherita. E allora
 uno s'inventa che si possono vendere i gelati. Acqua, zucchero e succo 
di limone e fatica ci vuole cervello e cuore per un gelato al limone… si
 porta in giro per tutta la città; carrettino di legno, i figli uno 
accanto all'altro, diventati poi tutti gelatai, e il più piccolo, Franco,
 a seguire i fratelli su e giù, su e giù per tutte le strade di Lecce, 
ché fresco è il gelato e fresca è l'acqua e si moriva di fame ed era 
difficile, davvero difficile tirare la giornata; si dovevano inventare 
le storie per mangiare… gelato al limone, dapprima; poi crescono i gusti
 ché bisogna far sorridere tutti e se qualcuno ti dice “dammelu ressu”, 
dammelo un po' più grosso, tu l'accontenti che è cliente tuo da una vita
 e non puoi non darglielo più grosso, il gelato. E poi? Poi, per far 
tacere la fame ai figli suoi o per farla stare buona almeno un po', papà
 Salvatore s'inventò le fanfullicchie e questa invenzione è proprio sua e
 basta, ad iniziare dal nome, dalla forma, da tutto. Tanto, sempre di 
acqua e zucchero si tratta… solo che si riscalda lo zucchero, se ne 
modella la pasta e diventano riccioli e trecce così dolci che più dolce 
può essere solo il miele. Sta buona per un attimo la fame dei più 
piccini e si possono anche offrire le fanfullicchie… Franco, l'ultimo 
dei sedici, a cinque anni se ne andava in giro per le strade, accanto al
 carrettino dei gelati, accanto ai suoi fratelli, portando con sé un 
vasetto pieno di loro dal sapore inconfondibile. Ma passava la stagione 
del gelato; le fanfullicchie rimangono anche quando l'estate va via ed 
arriva l'autunno ed arriva novembre e la giornata dei tuoi cari che sono
 andati via per sempre. E allora? Allora papà Salvatore decise di 
dedicare anche ai cari che non ci sono più su questa terra i riccioli di
 zucchero, da lui creati; dedicarli a loro e basta, ché, in fondo, le 
ombre hanno più bisogno dei vivi d'un tocco di dolcezza, lungo i 
sentieri dove non brilla luce. E così fu, così è, ancora; Franco non 
tradisce memoria e tradizione. Anche oggi lo troverai, col suo 
panchetto, nell'angolo ad un passo dal viale di cipressi. Per 
ringraziarlo di questa storia, fresca come un gelato, dolce come un 
ricciolo di zucchero, vai a trovarlo, nel giorno delle memorie e del 
ricordo; prendi le fanfullicchie, un po' per te, un po' per i tuoi cari,
 perché tocco di allegria arrivi lungo i sentieri che non hanno luce.
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| Fanfulicchie, riccioli di zucchero per il giorno dei defunti | 
 
 
